Ricorre oggi il 107° anniversario del sisma che
provocò 80mila vittime a Messina e 14mila a Reggio Calabria.
Gli addetti all’osservatorio Ximeniano di Firenze
annotarono: “Stamani alle 5:21 negli strumenti dell'Osservatorio è
incominciata una impressionante, straordinaria registrazione: “Le ampiezze dei
tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano
oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave.”
Era il terremoto di Messina del 1908.
L'evento, ancora oggi, è considerato uno dei più
catastrofici del XX secolo. Si verificò alle ore 05:21 del 28 dicembre 1908, demolì la città di
Messina, ad esso seguì un violento maremoto, che, per intensità e violenza, non
fu da meno. In 37 lunghissimi secondi danneggiò gravemente le città di Messina
e Reggio Calabria. Si tratta della più grave sciagura naturale in Europa per numero
di vittime, a memoria d'uomo.
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Gravissimo fu il bilancio delle vittime: Messina, che all’epoca contava
circa 140.000 abitanti, ne perse circa 80.000 e Reggio Calabria registrò circa
15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. Secondo altre stime si
raggiunse la cifra impressionante di 120.000 vittime, 80.000 in Sicilia e
40.000 in Calabria. Altissimo fu il numero dei feriti e catastrofici furono i
danni materiali. Numerosissime scosse di assestamento si ripeterono nelle
giornate successive e fin quasi alla fine del mese di marzo 1909.
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Ai danni provocati dalle scosse sismiche e a quello
degli incendi si aggiunsero quelli cagionati dal maremoto, di impressionante violenza, che si
riversò sulle zone costiere di tutto lo Stretto di Messina con ondate
devastanti stimate, a seconda delle località della costa orientale della
Sicilia, da 6 m a 12 m di altezza (13 metri a Pellaro, frazione di
Reggio). Lo tsunami in questo caso provocò molte vittime, fra i sopravvissuti
che si erano ammassati sulla riva del mare, alla ricerca di un'ingannevole
protezione. Improvvisamente le acque si ritirarono e dopo pochi minuti almeno
tre grandi ondate aggiunsero al già tragico bilancio altra distruzione e morte.
Onde gigantesche raggiunsero il litorale spazzando e schiantando quanto
esistente. Nel suo ritirarsi la marea risucchiò barche, cadaveri e feriti.
Molte persone, uscite incolumi da crolli e incendi, trascinate al largo
affogarono miseramente. Alcune navi alla fonda furono danneggiate, altre
riuscirono a mantenere gli ormeggi entrando in collisione l’una con l’altra ma
subendo danni limitati. Il villaggio del Faro a pochi chilometri da Messina
andò quasi integralmente distrutto. La furia delle onde spazzò via le case
situate nelle vicinanze della spiaggia anche in altre zone. Le località più
duramente colpite furono Pellaro, Lazzaro e Gallico sulle coste calabresi;
Briga e Paradiso, Sant'Alessio e fino a Riposto su quelle siciliane.
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All'alba del 29, la rada di Messina cominciò ad
affollarsi. Una squadra
navale russa alla fonda ad Augusta si era diretta a tutta forza verso la città
con le navi "Makaroff", "Guilak", "Korietz",
"Bogatir", "Slava", "Cesarevitc". Subito dopo
fecero la loro comparsa le navi da guerra inglesi "Sutley",
"Minerva", "Lancaster", "Exmouth",
"Duncan", "Euryalus". Il comandante russo Ammiraglio
Ponomareff fece approntare i primi soccorsi prestando anche opera di ordine
pubblico. Dopo cominciarono ad arrivare le navi italiane che si ancorarono
ormai in terza fila. Malgrado la sorpresa, nessuno se la prese più di tanto
anche se, qualche tempo dopo, la stampa intervenne polemicamente.
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Il Corriere della Sera, il giorno 30, uscì con questo
commosso e drammatico titolo: "ORA DI STRAZIO E DI MORTE. Due città d'Italia distrutte. I
nostri fratelli uccisi a decine di migliaia a Reggio e Messina". L'Italia,
sbalordita, seppe così che a Reggio, a Messina, interi quartieri erano
crollati, che sotto le macerie di case, ospedali e caserme erano scomparsi
interi nuclei familiari, malati, funzionari, guardie e soldati. Venne inoltre a
conoscenza della meravigliosa gara di solidarietà internazionale apertasi tra
navi straniere e italiane per portare aiuto ai superstiti e trasportare sui
luoghi colpiti dal sisma i materiali e gli uomini necessari. Non mancarono
comunque polemiche. Alcune testate giornalistiche, criticando i provvedimenti
finanziari adottati e in particolare l’inasprimento delle tasse, accusarono il
governo di aver speso molto e destinato male i fondi raccolti in occasione dei
terremoti degli anni precedenti senza peraltro portare benefici alle
popolazioni danneggiate.
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Altri giornali, tra cui Il Tempo, attribuirono poi ai
Comandi militari gravi colpe: la parziale incapacità nella gestione degli
interventi di soccorso, confusione burocratica e ritardi nella distribuzione
locale delle risorse, inefficienza e ritardi anche nelle azioni di recupero e
riconoscimento delle salme. Ulteriori attacchi furono portati contro la Marina
italiana in quanto giudicata meno sollecita e pronta ad affrontare gli eventi
rispetto alla capacità e alla funzionalità dimostrata dalle squadre navali
straniere, facendo in ciò esplicito riferimento a quelle russa, inglese,
francese e tedesca. Il Giornale di Sicilia lamentò anche manchevolezze nella
distribuzione di viveri e di generi di conforto nonché difficoltà procedurali
nell’erogazione degli aiuti.
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Da studi fatti alcuni anni addietro, risulta che il maremoto venne causato a
seguito del terremoto, che produsse lo sfaldamento a mare della crosta
terrestre, facendo così emergere delle rocce, che spostarono milioni di metri
cubi di acqua! In tutta la nostra riviera ci furono danni ingenti, come
raccontarono i giornali del tempo. Lo scrittore aliese Stefano D’Arrigo, nel
suo “Horcynus Orca”, racconta che il mare portò sulla spiaggia montagne di
cicirello che sembravano superare le cime dell’Aspromonte!
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E, sempre secondo i suddetti studi, la frantumazione
della crosta avvenne proprio a S.Teresa!! Ed esattamente nella zona centro-Gambero. Pertanto,
come sanno bene i pescatori della zona, che proprio sotto via del Gambero-villa
Ragno tutt’oggi non si può pescare con la rete a strascico, poichè vi sono in
profondità delle rocce che fuoriescono dal fondale marino. Quando soffia il
vento di scirocco e levante e il mare s’ingrossa e le onde sbattono lungo il
muraglione di protezione del Lungomare, si può notare come, proprio quest’area
è la più vulnerabile, poiché la corrente del mare s’incanala lungo queste rocce
emerse e aumenta d’intensità! Quando assisteremo alla prossima mareggiata e le
violente ondate – cavalloni - spazzeranno le aiuole della piazzetta del
Gambero, ricordiamoci che tutto questo è anche conseguenza del
terremoto-maremoto del 1908.
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NOTA: Articolo già pubblicato su Fogliodisicilia.it il 29
Dicembre 2012