Prima di iniziare questo breve
articolo, permettetemi di raccontare me stesso esprimendo una mia riflessione: quando
l’ “angolo della poesia” ha avuto (in ordine alfabetico) inizio, chiamato dalla
presidente, stavo per dismettere i miei appunti dai quali leggerete di seguito
il contenuto. Stavo per appropriarmi del libricino che conteneva, appunto, la
mia sul Santo Natale, al che, una gentile signora, vedendo gli appunti miei
mi dice: “la sta scrivendo adesso?”. Avrei voluto risponderle: “magari, così
sarei un genio”, ma ho preferito tacere.
Una volta al microfono, non ho
saputo frenare la mia consueta emozione al cospetto del pubblico. Ciò sempre mi
rammarica e forse sarà meglio che siano altri a leggere le mie poesie in
futuro. Non mi rammarica, invece, l’essere spesso (seppur talvolta con
cortesia), definito “semplice”. Tale aggettivo, però, se coniugato con
l’accezione di pochezza, come facilmente si traduce alla mente di più ampie
platee, pone il timido su un livello inferiore, dove gli viene attribuita
scarsa personalità e, a torto, scarso valore ed interesse collettivo.
In realtà, tutti sappiamo che il
“teatro della vita”, là dove l’uomo si trova a dialogare ora col barbiere ora
col fruttivendolo, ora con l’alta opinione di un Giudice di Tribunale, spesso
trova i veri “uomini da poco” dissimulare la vera pochezza con ricercati linguaggi
contorti o dialettica spigliata. Ed è tutto un voler apparire, magari
applaudito e premiato dal successo. Ebbene, “così è se vi pare”, direbbe
Pirandello, ossia, così è, ma anche no.
Presente, stasera il valente
assessore allo sport e turismo Giovanni Bonfiglio, recentemente premiato. Ma,
l’ospite che lo stesso Bonfiglio, come tutti in sala hanno applaudito
sentitamente, è stata Amelia Casablanca. Piccola grande donna, famosa stilista
che, partendo tanti anni fa dal suo piccolo paesello, ha conquistato il mondo
intero con la sua arte degli abiti da sposa e non solo.
Amelia Casablanca, premiata alla carriera
ad opera del “Caffè d’Arte con il patrocinio dell’amministrazione santateresina,
- dopo una presentazione fatta dall’amica Melina Patanè, con breve excursus
storico – la domanda che le è stata rivolta da Antonello Bruno: “c’è stato un
momento in cui lei ha pensato: sono brava, ed ha sentito dunque il peso di
essere brava?”. La risposta di Amelia: “Nella mia vita, partendo dal mio
piccolo paese, ho voluto fare sempre meglio in tutto il mondo dove sono stata,
ma ho sempre preferito che “brava” me lo dicessero gli altri”.
La serata era iniziata le parole
poetiche e carezzevoli di Melina: “recuperare la nostra innocenza che da
bambini ci apparteneva, come se questo fosse il Natale della nostra infanzia”. La
Patanè ha idealmente recitato un inno alla bellezza, “la Bellezza che ci
permette di guardare al futuro con speranza”.
Ivan Spanò, reduce di una recente
mostra ad Amsterdam, ha esposto alcune su sculture attorno alla sala del Caffè
d’Arte. Uno scultore dell’irreale, del sogno, delle emozioni e del sentimento.
La lettura di un brano di Luigi
Pirandello, dalla quale si esprime la distanza fra Gesù e la gente. Pirandello,
con il suo pessimismo innato, vedeva la gente del suo tempo staccarsi dalla
fede, dal Natale di Gesù. Non lasciamo dunque noi sparire il Natale dalle
nostre case.
Se il sottoscritto ha recitato
“Natale. Un giorno… normale”, Nunzio Di Bella, - apprezzato poeta dialettale -
ha recitato la profonda di significato “N’tà na grotta u puvareddu”, e ancora
Domenica Caponiti e Antonello Bruno ci hanno allietati coi loro versi.
Questa sera, con il concerto del bravo
maestro di chitarra Agatino Scuderi, il più bell’augurio per il Santo Natale ed
un felice nuovo anno a tutti. Non eravamo forse in molti, ma ciò che conta è
che l’atmosfera che si è respirata sia stata di sana condivisione, dove una
donna porta con se il suo fedele amico a quattro zampe, dove scattare una foto
col telefonino è già abbastanza anche per chi è famoso eppure umile. Ebbene, concludendo
credo che dietro alla semplicità ci sia spesso un complicato e profondo
ragionamento interiore.
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