venerdì 29 aprile 2016

QUANDO I CITTADINI SONO TROPPO DEBOLI PER ESSERE ASCOLTATI



L’altra mattina, presso il salone del Centro diurno di Furci Siculo, l’arcifamosa scrittrice Dacia Maraini mi ha stupito. E badate bene, non per la sua cultura o saggezza od umiltà che effettivamente possiede, ma per una digressione - diciamo così - sulla vita di paese, che a suo dire, in particolari momenti dell’anno riguardano anche lei. Riguardano anche lei che pure ha girato il mondo.
La Maraini, si soffermava, pensate un po’, su una questione di poco conto accaduta a lei stessa, ossia la banale rottura di un vaso sul davanzale di casa e già nel giro di mezz’ora tutto il paese ne era a conoscenza. Ha anche parlato di quella pessima abitudine che nei piccoli paesi si ha, ossia di appiccicare una nomèa sulle spalle di qualcuno, e da quel momento il poveretto, soprattutto se innocente, è marchiato a fuoco per sempre.
Perché dico ciò: appunto perché di vita di paese voglio oggi parlarvi. Della serena e certe volte terribile vita di quei borghi, dove: “semu dui e nni canuscemu quattru” (antico modo di dire popolare).

Quando la comunità di paese sceglie un proprio candidato sindaco, per esempio, lo fa si liberamente, ma anche guidata da simpatie od antipatie a prescindere dal reale valore dell’individuo che la dovrà rappresentare. Così, se una volta eletto ha importanza il suo savoir faire, come l’impegno che il proprio gruppo profonde in questioni quotidiane talvolta di importante portata, ma talvolta anche di dettaglio, forse a pesare in modo decisivo è il “potere personale”  che questi esprime all’interno del paese.

Perché parliamo oggi di mero ”potere” in paese? Perché, se di fronte alle problematiche proposte dalle minoranze, e tanto più dai ripetuti scontenti segnalati dal singolo cittadino, un amministratore può ignorare o addirittura denigrare quello che a torto o ragione ritiene un avversario e nulla più, ciò ha un’unica e sola spiegazione: siamo di fronte ad un amministratore che ragiona in termini di “numeri”. Si sente così, sicuro di se. Sicuro del consenso elettorale di cui gode in quel dato momento storico.

Abbassiamo il livello del discorso adesso, enunciando una frase detta, che certo sarà ricordata sui palchetti dei comizi fa un paio di anni, e cioè: “io sono io e voi non siete e non valete un caxxo”. Frase, per la verità già pronunciata da un rocambolesco Marchese del Grillo interpretato dal buon Alberto Sordi, ma che nell’occasione che ci riguarda da vicino, voleva rimarcare e sottolineare quel senso del “potere” che nulla concede al dialogo e nulla ragiona nelle assemblee pubbliche ma tutto sa e fa secondo un convinto pugno di ferro.
Il mite paesello roccalumerese, perché ad esso sto facendo riferimento, visse, fra il 2003 ed il 2013, un modo di dialogare - politica-cittadini - sicuramente più aperto e perché no condivisibile, nei suoi pur concitati momenti di congiuntura e/o di emergenze.

Sarà stato come per quella vecchia signora che mai era uscita di casa e pur in tarda età visitando Milano torna sbalordita gridando: “che bella, che bella la città?”. Nel nostro caso: Che bello il dialogo fra Comuni in ottica turismo e non solo, che bello avere un rappresentante dei commercianti in Giunta che proponga allo scopo di risolverle le tante problematiche di una categoria che tiene in piedi le casse comunali grazie alle tasse salate che paga.

Che bello, il Baby Sindaco, come nella limitrofa Furci esiste e resiste, che bella la “Giornata della Cultura” che riunisce in sé giovanissimi e meno giovani anche ospitando una grande scrittrice come Dacia Maraini.

Che belli i Comitati di quartiere, che nella vicina Santa Teresa di Riva hanno il loro perché ora più che mai in quanto il porta a porta sta divenendo realtà.

Che bello, (cara signora che ha visitato Milano ed ora è tornata alla più amara realtà), quando ogni segnalazione proveniente da cittadini, che sia questa relativa ad una pista ciclabile tanto lunga nelle premesse quanto inesistente nello stato di fatto, o per delle tasse troppo alte, non viene soffocata nel: “voi avete perso le elezioni e quindi non avete diritto di parlare”. Appunto, quel diritto democratico di tutti i cittadini residenti in uno Stato libero.

29 Aprile 2016 - Giovanni BonarRIGO

mercoledì 27 aprile 2016

FURCI SICULO. DACIA MARAINI AI RAGAZZI: LA LETTURA E’ FORMATIVA



FURCI SICULO (Messina). Stamattina, presso il salone del Centro diurno, alla presenza del Sindaco, Dott. Sebastiano Foti, dell’assessore alla Cultura Alessandro Niosi e di altri amministratori, delle autorità militari e non ultime di numerose insegnanti dell’Istituto superiore, presenti per rappresentare e sovrintendere la fitta ed entusiasta presenza di alunni, è stata graditissima ospite la famosa scrittrice e commediografa Dacia Maraini. “La bambine e il sognatore” la sua ultima fatica letteraria.
Grazie al lodevole impegno che l’amministrazione attuale di Furci, la quale, pur in periodo di congiuntura economica, come peraltro la precedente amministrazione sta profondendo nel settore culturale, dopo la giornata d’apertura di ieri, sul tema “Agrumi e trasformazione del prodotto”, “la “Settimana della Cultura” ha fatto tappa in una nuova importante iniziativa.
Il primo cittadino dava il suo saluto, ma di lì a poco, l’arrivo della scrittrice era un tripudio di applausi da parte del folto pubblico presente. Un filmato introduceva il personaggio Maraini, la quale prendeva posto nella poltrona rossa a lei dedicata, e presto, dopo l’esecuzione di pianoforte e violino ad opera di ragazzi giovani nonchè talentuosi, iniziava una serie di domande alla scrittrice da parte degli stessi alunni della scuola, che ad uno ad uno si presentavano e sedevano nella poltrona posta accanto alla sua.
Si apprendeva fra le domande-risposte che, all’interno del romanzo l’autore pone una figura (un volatile), quale presenza della coscienza o “voce interiore”, come ella stessa la definisce. Parla, l’autrice, racconta di Pinocchio e del desiderio di mastro Geppetto di avere un figlio che scolpisce nel legno lui stesso. La presunzione, ma anche la tenerezza di un padre in una favola di Collodi, conosciuta in tutto il mondo. Il discorso cade sulla globalizzazione, sul sentirsi uniti e sentirsi anche europei ma nel contempo saper conservare la nostra identità a fronte di questi arrivi di massa. La necessità di creare una identità forte ma dire no all’alzata di muri, come stanno nascendo, purtroppo in alcuni Stati.  
La frase è: “fino a che punto la tolleranza può tollerare l’intolleranza?”.
Fra le tante “interviste” dei ragazzi, emerge la parola “stile”. Quanto e importante lo stile di uno scrittore? Attraverso lo stile, secondo la Maraini, si evince la cultura di chi scrive, e da esso possono scaturire o meno delle forti emozioni nel lettore, che fanno il successo di un’opera.
Così, fra tanti argomenti, il discorso cade sul confronto fra informazione dei mass media e formazione, ossia l’azione formativa che la lettura di un buon libro può offrire. È un consiglio, quello che l’ospite nel paese di Furci, in occasione della “Settimana della Cultura” rivolge, non solo ai ragazzi ed ai ragazzi delle scuole che guardano ad un futuro pieno di sogni e progetti, ma a tutti.  

Giovanni Bonarrigo – 27 Aprile 2016 





venerdì 22 aprile 2016

SAVOCA. IL CASTELLO ARABO-NORMANNO VIENE APERTO PER LA PRIMA VOLTA AL PUBBLICO



COMUNICAZIONE PER LA STAMPA DEL 22.04.2016

OGGETTO: “Savoca si riappropria della propria identità culturale” - Per la prima volta nella sua storia, il castello Arabo Normanno si apre al pubblico -

Savoca si riappropria della propria identità culturale e per la prima volta nella sua storia riapre al pubblico il Castello “Arabo – Normanno”. In data di ieri la giunta savocese ha esitato favorevolmente lo schema di intesa tra la Famiglia Nicotina (storica famiglia savocese che a tutt’oggi vanta la proprietà dei ruderi del Castello) e  l’amministrazione  autorizzando il sindaco Antonino Bartolotta per la relativa sottoscrizione.
 In occasione del programma della “Settimana provinciale della cultura” – che ha visto la partecipazione attiva del Comune di Savoca nel comitato organizzatore, con il suo dinamico assessore alla cultura Enico Salemi – per la prima volta nella sua storia, il 25 aprile riaprirà le sue “porte medievali”  al pubblico, consentendo l’ingresso a uno dei luoghi più rappresentativi e misteriosi della  storia savocese.
Dalle ore 10.00 alle ore 18.00 sono previste visite guidate con personale specializzato che accompagnerà i visitatori lungo i suggestivi sentieri del Castello che si snodano fino alla sommità del monte, ripercorrendo storia e antiche gesta.
Il castello risalente nella  sua parte più antica  all’epoca bizantina venne ampliato nei secoli successivi fino a quando il terremoto alla fine del ‘600 lo distrusse. Da allora in poi scesero buio e silenzio su uno dei luoghi più importanti della storia siciliana.
Anche se molta della sua leggendaria storia rimane ancora “segreta e misteriosa” nel tredicesimo secolo, nel contesto della storia medievale siciliana, il castello savocese ebbe un’importanza fondamentale per la sua posizione altamente strategica che ne faceva una roccaforte inespugnabile a controllo del territorio jonico e dell’Agrò.
Residenza estiva  dell’archimandrita, fu l’unica dimora/fortezza  in Sicilia che assunse ora il titolo di “castello feudale” ora quello di “castello regio” (appartenente al demanio del Re) trasferendo di volta in volta la proprietà a secondo delle esigenze militari dell’epoca. Il castello fu restaurato ed abbellito  per l’ultima volta nel 1631 dall’archimandrita “Diego Requesenz”  che si pregiava anche del titolo di “Conte di Savoca” e dei suoi casali. Molta della sua storia resta ancora “segreta” e misteriosa.
L’intesa tra la famiglia Nicotina e l’amministrazione comunale di Savoca era attesa da tempo. Soddisfazione in tal senso è stata espressa dal Sindaco Nino Bartolotta che, oltre a ringraziare la famiglia Nicotina - nella persona del prof. Pierantonio Nicotina - per la disponibilità dimostrata, ha precisato che la collaborazione con la proprietà del castello continuerà anche in ambito di possibili interventi condivisi di riqualificazione dei ruderi e di messa in sicurezza dell’area circostante.

F.to Il Sindaco Antonino Bartolotta

sabato 16 aprile 2016

SANTA TERESA DI RIVA. UNA POESIA DI MUSICHE E TANGO ARGENTINO AL CAFFE’ D’ARTE, STASERA




Per una volta, eccezionalmente di sabato. Manco a farlo apposta, il 16 Aprile, coincide con l’anniversario che più emoziona ogni anno questo scrivente. Semplicemente compio gli anni, come tutti. In questi casi, ti vorresti circondare d’amici, vorresti brindare con spumante di quello buono e torta a volontà.
Ebbene, se al Caffè d’Arte “ll Paese di Fronte al Mare”, nelle altre occasioni del Venerdì, ho avuto il piacere di condividere le emozioni offerte dalla poesia, dai brani in musica e da tanto altro con amici, in questa occasione, quel senso della festa era come se mi appartenesse. Come se mi fosse stato “cucito addosso” come un vestito.
Melina da lo start alla serata e, dopo la cornice dei concorsi di poesia, ecco la vera suggestione della musica ad opera del Maestro Agatino Scuderi, le voci delle soprano Giulia Mazzara e Ludovica Bruno, hanno trasportato le menti in un’atmosfera argentina.
Certo, una mostra di fotografie originali di Buenos Aires (cortesemente concesse dall'amico Vincenzo Lenzo), aveva introdotto ai colori di quel lontano Paese, e poi la danza, una esibizione appassionata, una performance di tango, presentata dallo Studio di Danza " Tersicore", conduceva i presenti a respirare la "buona aria" del Tango e delle sue mille, intriganti sfumature.
Applausi scroscianti ad ogni esibizione: trattenere il respiro fra una performance di ballo e un’altra era d’obbligo. Infine, l’abbraccio ideale in un ultimo applauso-saluto a quelle ballerine così graziose, così intriganti, così brave!
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16 Aprile 2016 - Giovanni BonarRIGO