giovedì 27 ottobre 2016

FIUMEDINISI. IL CASTELLO BELVEDERE E IL CAMPANILE DELLA CHIESA DI S. PIETRO



Attraverso la descrizione storica di questi due monumenti fiumedinisani, vogliamo evidenziare l’importanza di fortificazioni e torri d’avvistamento in rapporto al pericolo che incombeva sulle popolazioni all’epoca. Pericolo di invasioni, si saccheggi, di abusi.

IL CAMPANILE DELLA CHIESA DI S. PIETRO, (Foto in basso), adibito anticamente a torre di avvistamento, venne costruito su un costone roccioso nell’XI secolo. Venne utilizzato primariamente come punto strategico per il controllo della vallata. Questa tesi viene avvalorata dal cornicione e dalle feritoie, elementi tipici delle costruzioni fortificate.
Si noti che a quel tempo la Chiesa di S. Pietro non esisteva ancora e quindi non impediva la visione generale del territorio frontistante. Era in contatto visivo con il Castello Belvedere e la Torre dell’omonima contrada (oggi non più esistente). Queste tre costruzioni, collegate visivamente fra loro, agevolavano il controllo di tutta la vallata, al fine di preservarsi da eventuali attacchi di popoli nemici.

Verso la fine dei XVI secolo la costruzione della nuova chiesa S. Pietro coprì la visuale alla torre, che dovette quindi mutare destinazione. Divenne infatti il palazzo del Magistrato o del Governatore, favorito dalla sua posizione centrale, da dove costoro si affacciavano, sul balconcino, per enunciare importanti editti e provvedimenti.

Nel 1710, dopo il completamento dei lavori di restauro e ampliamento della chiesa, la torre venne annessa alla stessa, assumendo la nuova funzione di campanile.
Nonostante abbia subito, nel XVI secolo prima e nel XVIII poi, sostanziali modifiche rispetto alla costruzione originale, nonché alcuni poco opportuni interventi di restauro, riflette ancora, particolarmente nei prospetti laterali, il suo stile originario arabo-normanno che colpisce per la sua armonia e l’equilibrio strutturale. I lineamenti stilistici, le feritoie praticate nei muri, i cornicioni tipicamente di gusto normanno e la sua collocazione nel centro cittadino fanno di questa torre campanaria il monumento più antico e tra i più interessanti fra quelli rimasti nel perimetro urbano.

IL CASTELLO BELVEDERE, (Foto in alto), cosiddetto per la sua invidiabile posizione dalla quale domina la riviera jonica da Capo Alì a Capo S. Alessio, fu edificato dagli Arabi nel IX secolo.
La fortezza di Nikos, così denominata dai saraceni, venne sicuramente realizzata sui resti di un preesistente tempio, costruito dai coloni greci per venerare il dio Dionisio. I Normanni, successori in Sicilia dei Musulmani, la ampliarono, la modificarono e la adibirono a residenza del signore del luogo.
Nel 1197 il castello ospitò l’imperatore Enrico VI con la sua famiglia e con il suo seguito, ma la venuta Fiumedinisi del figlio di Federico Barbarossa coincise con la sua immatura scomparsa.

Nel 1320 il castello, unitamente a tutto il territorio di Fiumedinisi, è in possesso del milite Ruggero de Vallone e nel 1336 lo stesso possedimento perviene al genero Giamo di Villanova. Dopo pochi anni la fortezza passa al senatore messinese Bonsignore di Ansalone. Costui, considerato un traditore, viene privato del possesso dal Re nel 1354, per mano del mercenario Giovanni Saccano. Il Re, nuovo possessore del castello, lo concedeva nel 1357 al capitano di ventura Giovanni Mangiavacca, ricompensandolo di alcune prestazioni al suo servizio.

Nel 1360 Re Ferdinando il Semplice dovette riconquistare il castello inviando una milizia agli ordini di Jacobello Alifia, che per tale servizio fu ampiamente premiato. Da Re Martino nel 1392 fu concesso alla famiglia Romano Colonna che successivamente lo abbandonò, stante la precarietà dell’antico maniero e la distanza dal centro abitato.

Nel 1495 lo scrittore viaggiatore B. Bembo nota il castello chiamato Niso, che “trovasi sopra una rupe a strapiombo del monte e che è visibile da ogni parte ai viaggiatori”.

Dell’antico maniero rimangono soltanto i ruderi di alcuni muri perimetrali esterni con alti merli, qualche muro divisorio interno e le cisterne sottostanti.
Una galleria delle miniere S. Carlo conduce verso il Castello Belvedere, ma già nel 1899, quando scrive il La Valle, non era più praticabile.
Nella pianura e nel terrazzamento sottostante il castello è stata localizzata la zona archeologica ove sorgeva l’antica colonia greca Nisa.

Recentemente sono stati effettuati dei saggi ed è venuto alla luce parecchio materiale archeologico ma si attende che la Regione Sicilia finanzi una seria campagna di scavi per riportare alla luce gli insediamenti urbani e la necropoli della polis greca. Una remota leggenda vuole che nei sotterranei del castello si celi un antico tesoro, come riferisce pure una guida del 1902.
Gli altri monumenti di una certa rilevanza storico-artistica erano le prigioni e la Curia Capitaniale e Civile, oggi purtroppo non più esistenti. Oltre ai beni monumentali del centro abitato, Fiumedinisi può vantare di possedere, nel suo vasto territorio, posti naturali caratteristici e ricchi di fascino, che suscitano l’ammirazione dei visitatori.

Wolfgang Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, descrive il paesaggio del medesimo territorio, non tralasciando di notare il prezioso minerale intravisto. Egli scrive: “Nel torrente si rintracciano detriti di granito. I frutti gialli del solano ed i fiori rossi dell’oleandro danno un tono vivace al paesaggio. Abbiamo attraversato innumerevoli torrenti; uno, il più grande, il Nisi, porta l’onorevole titolo di fiume. Questo fiume rotola a valle schisti micacei, come anche i torrenti incontrati in seguito”. L’illustre scrittore tedesco si fermò a Fiumedinisi insieme al suo amico pittore Knich, per riposarsi, il martedì 8 maggio 1787, proveniente da Taormina ed in viaggio verso la città dello stretto. Venne ospitato, per poche ore, nella villa di contrada Croce del barone Parisi e su questo episodio scrisse: “Abbiamo goduto la vista sino alla spiaggia dall’alto di un balconcino fra rose che occhieggiavano e usignoli che cantavano. Sono rimasto a meditare”.
Oltre a W. Goethe tanti altri personaggi illustri conobbero la cittadina peloritana e, tra gli altri, desidero ricordare la visita del Re Ferdinando II nel 1852.

l Re venne accolto dal popolo con entusiasmo e compostezza. Il paese risplendeva di lumi ed anche sulle montagne si notavano fuochi accesi in onore del sovrano. La sua venuta serale fu accolta dagli abitanti con una fiaccola accesa, in segno di benvenuto al monarca e di speranza per positivi sviluppi della sua visita al paese. Il Re nella notte dimorò nella casa del nobile Don Carmelo Parisi al quale donò un suo bastone personale con lo stemma del casato reale. Si recò il giorno seguente nelle miniere di S. Carlo ed offrì un calice d’argento alla Chiesa Madre che visitò con piacere e profonda devozione.

Uno dei luoghi più incantevoli è senz’altro il Monte Scuderi, che divide i territori dei Comuni di Fiumedinisi, Alì ed Itala. Dalla sua pianeggiante altura si possono osservare oltre ai paesi della costa jonica anche alcuni del versante tirrenico come Rometta, Monforte S. Giorgio, i Comuni del Mela, il Capo di Milazzo e perfino le Isole Eolie. Si scorgono pure Messina, buona parte della Calabria e l’imponente montagna etnea.

Il gruppo montuoso è costituito da un ammasso di pietra di natura calcarea e sulla sua sommità si aprono diversi orifizi che immettono nelle vuote viscere del colosso. Molti antichi storiografi si sono occupati di questo monte. Veniva chiamato anticamente Nettunio perché sovrastava i monti Nettunei (oggi Peloritani). Fu detto anche Saturnio e Spraverio e assunse l’appellativo Scuderio nel XVI secolo, poi modificato in Scuderi.
L’Abate V. Amico ci tramanda che ai suoi tempi si osservavano vestigia di costruzioni e sepolcreti di tempi remoti, forse mulini a vento già allora in rovina.
Si narra che un’altura rocciosa, situata a ponente del monte Scuderi, probabilmente corrispondente alla valle della Santissima, si spaccò in due nell’ora della morte di Gesù Cristo. Questo avvenimento viene riportato da antichi e autorevoli storici quali A. Mongitore, G. B. Massa, T. Fazello, A. Calì, P. Molino e O. Caetano.

Lungo l’alveo fiumarino sono molteplici i luoghi interessanti e degni di essere visitati. Le numerose sorgenti d’acqua potabile, sparse nel perimetro urbano e nelle campagne, arricchiscono notevolmente il pittoresco paesaggio. In particolare le “fontanelle” di Acqualagna, Ortera e l’acqua oligo-minerale della contrada Tommasa sono giornalmente meta di “assetati”, provenienti dai vicini paesi per rifornirsi di una scorta di buona acqua naturale. Altre zone suggestive sono pure la sorgente della “rocca di Capitello”, le cave di marmo delle contrade Neci e Fala o Colonne e le caverne naturali di Rope, Lameri e Milinari.
Molti altri posti interessanti, sotto il profilo paesistico, ricadono nel territorio di Fiumedinisi tra cui l’antico e vasto bosco comunale, le sorgenti del fiume in contrada Scala, il Pizzo Poverello che è la cima più alta dei Peloritani, il Piano Margi, il Pizzo di Caloro e la storica Valle degli Eremiti.
La regione di Fiumedinisi è pure meta di cacciatori e di cercatori di funghi, che soddisfacendo i loro hobbies, colgono l’occasione per assaporare un po’ d’aria pura e scoprire i tesori della natura in parte incontaminata.

I MULINI AD ACQUA - Meritano di essere menzionati per l’importanza vitale che rivestivano. Servivano per la macina del grano e funzionavano per mezzo di un getto continuo di acqua, che a Fiumedinisi non si può dire che non sia abbondante.
Nel territorio esistevano parecchie di queste estrose macchine che, oltre ad essere utili all’economia rurale, arricchivano il paesaggio con la loro vitalità lavorativa e particolare bellezza.
Oggi purtroppo rimangono soltanto i resti di alcuni mulini e soltanto uno è sopravvissuto ai tempi, per mezzo di un adeguato intervento di restauro. Lo stesso si trova in contrada Ruppone, oggi territorio di Nizza di Sicilia, sulla strada provinciale N. 27 e funziona ancora con i sistemi tradizionali.

NOTA: I testi sono tratti dal libro di Carlo Gregorio “I TESORI DI FIUMEDINISI”. Seconda edizione del 1993. Tutti i diritti sono riservati all’autore dell’opera. 

NOTA1: L’articolo fu pubblicato nella sezione “Storie di Sicilia” del sito Fogliodisicilia.it, il  10 Settembre 2012.

lunedì 24 ottobre 2016

NIZZA DI SICILIA. CARLO GREGORIO HA PRESENTATO IL SUO DECIMO LIBRO



NIZZA DI SICILIA (Messina) – Galleria comunale “Corrado Cagli”, modestamente lo stesso sito presso il quale (il 2 Aprile scorso), presentai il mio romanzo di narrativa. Ieri sera, una magnifica cornice di pubblico applaudiva fragorosamente la decima opera letteraria dello storico nizzardo Carlo Gregorio.

“Storie e segreti di Fiumedinisi”, è il magnifico risultato di anni di paziente ricerca. Una ricerca, operata non solo nel territorio di tutta la Sicilia ma anche in vari Paesi d’Europa da Gregorio. Scavando, senza disporre di un team che lo aiutasse in ciò, fra documenti seppelliti da centimetri di polvere alla scoperta di una storia che certamente pochissimi conoscono nei dettagli.

Presente il padrone di casa, il sindaco Dott. Giuseppe Di Tommaso, nonché nel ruolo di moderatrice Nella Fosco, ieri sera, il Prof. Mario Bolognari, direttore del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell'Universita' di Messina, da par suo ha introdotto il discorso esplicativo del Prof. Gregorio, i quale, con la sua abituale modestia ha raccontato passo passo, quanto lo schermo proiettava accanto a lui. Foto di documenti scritti (anche in greco) che “raccontano” la civiltà di Fiumedinisi di secoli fa come di Nizza ed il suo castello. Arte pittorica e scultorea cimeli religiosi, sopravvissuti ad innumerevoli generazioni. Cinque regnanti vennero in visita a Fiumedinisi nei secoli, cittadina dove esistevano miniere di ferro, argento ed oro. Un floridissimo centro, dove si producevano, in una fabbrica metallurgica, (la ferriera), i chiodi per i cantieri navali di Messina come le palle per i cannoni. Pare che le commesse arrivassero da tutto il mondo. E che dire della Zecca, il cui Palazzo è sopravvissuto ai giorni nostri?

Tanto altro ha raccontato e documentato Carlo Gregorio ieri sera, tanto da trasmettere nel sentimento di chi era presente, (in larga parte proveniente da altri paesi), che ha già letto o leggerà questo libro, un sentimento di tristezza, si tristezza, pensando ad un presente dove l’artigianato è quasi del tutto un ricordo, dove l’industria non esiste più e, mentre anche l’edizia è… immobile, ogni flebile iniziativa del coraggioso di turno, rimane impigliata nella fitta ed intricata rete della burocrazia così voluta dalla politica moderna.

Ebbene, se il mio modestissimo romanzo, (Storie di Sicilia: racconti di uomini ed eroi”), letto ed interpretato dagli alunni della scuola di Furci Siculo qualche mese fa, ha mosso la curiosità dei ragazzi, i quali mi hanno confessato attraverso le loro domande che non conoscevano i fatti da me raccontati, figurarsi quanto gioverebbe il testo di Carlo Gregorio alla cultura come alla riscoperta della storia ed all’orgoglio di essere siciliani delle nuove generazioni.

Propongo quindi alle nostre scuole del comprensorio, di inserire di gran corsa la Storia della Sicilia fra gli argomenti di studio e di esame. Forse non tutti sanno, infatti, che grande Sicilia fu quella costruita con sudore dai nostri avi. Grazie Carlo!

24 Ottobre 2016

sabato 22 ottobre 2016

SANTA TERESA DI RIVA. DAI NOBEL ALLE PENNELLATE DI STORIA



SANTA TERESA DI RIVA (Messina) – Il personaggio premio Nobel Dario Fo, da poco scomparso,  apre la seconda serata di un quinto anno ancora più carico di entusiasmo dei precedenti. Il trio Patànè, Bruno, Camelia sta lavorando per una stagione travolgente piena di talenti da presentare. Il pubblico della serata è attento e numeroso, ma chi era veramente Dario Fo?
A raccontare il “giullare dei poveri” è Melina, la quale parla di un personaggio certamente singolare e graffiante, il quale raccontò i vizi della società con quel suo linguaggio ironico, raccontò l’ipocrisia sempre presente in ogni epoca. Eccola, la presidente, recitare un dialogo a due da lei scritto, intitolato: “il servo e il suo padrone”. Il pubblico né è coinvolto, rapito, applaude.

Antonello Bruno, travolgente e spigliato comunicatore come sempre, ricorda Bob Dylan, il poeta della musica recentemente insignito del premio Nobel alla Letteratura. “Io avevo subito capito che era stato assegnato a lui, prima di apprenderlo dai media”, grida a gran voce. E racconta chi è e cosa ha cantato, il grande cantautore e compositore statunitense.
Ma, prima di proseguire il racconto della serata, voglio dedicare ai miei lettori una riflessione veloce: sono sempre ore di relax, quelle offerte dalla musica come dalla poesia del Caffè d’Arte, e ciò da solo basterebbe, ma sono soprattutto ore in cui la stessa “vita” viene raccontata a chi la apprende ogni giorno quale essa è. E allora, ti porti a casa ogni volta qualcosa: un sorriso, uno sguardo al profondo dell’animo.

Penso al maestro Agatino Scuderi (foto in alto), e alla sua magica chitarra che pizzica le corde del cuore, puntuale ad ogni occasione; a Gianpiero Vesio Todaro e al suo basso elettrico che esegue un brano di Bob Dylan, al Prof. Gabriele Camelia che, con le sue “pennellate di storia”, ad ogni appuntamento, da ulteriore forza e spessore culturale. Ma la storia, la musica, la poesia raccontano esse stesse la vita dell’uomo, anche aattraverso una raccolta di ottime foto.

Il premio poesia, giunto alla quarta edizione, vede la giuria pregiarsi di un nuovo elemento, la solare insegnante furcese Pina Abate. Antonio Cattino recita la propria lirica, e così la sottopone ai giudizi che la premiano. Ancora una nuova poesia viene recitata, il  tema è totalmente diverso dal primo. Toccante la storia di un amico di Renato Di Pane, costretto a letto da una lunga malattia. Ottimi i voti ottenuti. Commosso il poeta.
Gioia nel cuore e voglia di vivere, e alla prossima serata!

22 Ottobre 2016 


venerdì 21 ottobre 2016

ROCCALUMERA. STATO DI ABBANDONO NELLA VIA A. VESPUCCI: GLI ARGOMENTI DI GARUFI FURONO QUESTI:




- IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE –

PREMESSO
. Che la aree dell’estrema periferia sud del nostro paese, meglio individuate nella piazza parcheggio e nella viabilità carrabile di contrada Piana, rappresentano per tutta una serie di aspetti e circostanze uno snodo viario e residenziale di vitale importanza per tutta la nostra comunità e per quella dei centri collinari di Pagliara e Mandanici;
. Che ormai da tempo sono innumerevoli le segnalazioni che provengono dai residenti e dai tanti cittadini che percorrono e fruiscono giornalmente quegli spazi lamentando tutta una serie di problematiche evidenti dettate principalmente dallo stato di degrado ed abbandono in cui versano, dalla insufficiente illuminazione pubblica, dal manto stradale dissestato ed avallato, dall’arredo urbano vandalizzato, dal verde abbandonato ed infine, come se non bastasse, dagli odori nauseabondi provenienti dalle vasche di pre-risalita dei reflui fognari verso il depuratore comunale;
CONSIDERATO
. Che tutte le problematiche sopra esposte rappresentano per tutta la cittadinanza residente una forma di chiaro deprezzamento dell’ambiente urbano in cui occorre intervenire con ogni urgenza al fine di ristabilire gli standard minimi di una zona residenziale in cui siano presenti spazi verdi curati, aree a parcheggio fruibili ed una viabilità carrabile che garantisca la normale percorrenza dei veicoli;
. Che simili condizioni di degrado ed abbandono non sono da ritenersi consone con il decoro urbano di un luogo che dovrebbe rappresentare il nuovo biglietto da visita della realizzanda zona artigianale di questo comune su cui tanto si sta investendo e su cui sono state riposte le speranze di ciò che dovrebbe costituire il prossimo sviluppo economico della nostra comunità;
RITENUTO
. Che nella programmazione comunale imminente non sono stati ancora previsti interventi per quell’area, ne tantomeno esistono agli atti del comune progettualità con approfondimenti di livello definitivo o esecutivo tali da poter garantire la partecipazione ad eventuali bandi pubblici che si avvalgono sui fondi comunitari, nazionali e regionali;
. Che l’attuale situazione economico-finanziaria delle casse comunali non è certamente florida e quindi non in grado di prevedere interventi radicali, ma solo azioni tampone che sono da considerare pur sempre importanti per la risoluzione delle problematiche più urgenti ed indifferibili;
Per quanto sopra premesso, considerato e ritenuto,
SOTTOPONE
All’attenzione del Consiglio Comunale, come segno visibile e tangibile dell’attenzione che deve essere posta sui vari problemi che interessano la vita della collettività che rappresenta, la problematica sopra esposta affinché venga discussa e dibattuta, per
IMPEGNARE IL SINDACO E LA GIUNTA
. Ad attivarsi immediatamente per risolvere, secondo modalità e tempi ben prestabiliti, gli interventi urgenti e indifferibili che il consiglio, dopo ampia e dibattuta discussione, vorrà individuare come ordine di priorità delle problematiche sopra esposte;
. A dare prontamente incarico all’Ufficio Tecnico Comunale di predisporre un apposita progettazione, di livello almeno definitivo, per la redazione di un progetto di riqualificazione urbana che interessi le aree dell’estrema periferia sud del paese
(Piazza Parcheggio e via di Ctd Piana).
Il Presidente del Consiglio Comunale  (Arch. Antonio Carmelo Garufi)

12 Maggio 2012

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NOTA: Le due foto (relative alla piazza parcheggio, -sita in via Amerigo Vespucci-), sono state scattate oggi, 21 Ottobre 2016.