C’era una
volta un barbiere, che (come da consuetudine) sapeva tutto di tutti in paese. Talvolta
dai suoi commenti, fra una barba, uno sciampo ed un taglio di capelli, gli scaturivano
persino delle frasi pseudo-filosofiche: “fino a quando sarà la gente ad aver
paura della politica e non la politica paura della gente, le cose non
cambieranno”, ripeteva.
Abbiamo
fatto delle segnalazioni (con foto) su Facebook, aggiunse quella volta, ma non
solo non servono a niente, ma visto che trattavano della viabilità, un Vigile Urbano,
incontrandomi mi disse: “Aah! ora divintàmmu tutti fotografi e giunnalisti ntà
stu paisi!”.
Il barbiere conosceva
però, anche gli inciuci più inenarrabili e inenarrati. Da chi lavorava o no
allo stato di famiglia del relativo nucleo familiare. Pensionati con figli a
carico, diritti negati allo spazzamento strade dei “quindici giorni” per
superamento della soglia minima annuale per un assistenzialismo che in tempo di
crisi era già qualcosa.
Un “quadro
clinico” sconcertante che risaliva nel chiacchiericcio odierno da salone del
barbiere, fin dal conseguimento dei diplomi di una generazione (oramai coi capelli
bianchi) ma senza diritti garantiti di lavoro né tantomeno prospettive
incoraggianti in Terra natìa.
“Avrebbero
dovuto fare, - recitò poi, quasi amareggiato il barbiere – come alcune nazioni
europee fanno da lungo tempo, dove il neo diplomato veniva inserito già dalla sua
scuola in un programma di impiego e formazione, e solo se questi dimostrava
incapacità o fiacchezza veniva buttato fuori.
Al che, il
cliente ancora in fase di rasatura, fece delle osservazioni che qui ci sono
sconosciute. Fatto sta, che esso stesso comprese in modo chiaro, come il “sistema
sud” fatto di gente silenziosa e spesso persino omertosa, si reggeva ancora sulla
paura generalizzata di perdere quelle pur minime “concessioni” che in realtà
avrebbero dovuto e dovrebbero essere diritti e diritto al lavoro.
25 Luglio
2016 – Giovanni geom. BonarRIGO
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