Santa Teresa di Riva
(Messina). Ad aprire la serata dedicata al territorio della Valle d’Agrò il
presidente Santino Albano, il quale passa subito la parola all’esperto storico
Carlo Gregorio.
Un ricco escursus fra storia
ed opere architettoniche quello di Gragorio, durante il quale egli si sofferma,
fra le tante immagini del maxi schermo in sequenza, fra la cattedrale di Alì
Superiore ed i suoi interni, la chiesa madre di Fiumedinisi coi suoi mascheroni
apotropaici posti sulle mura merlate ed i tesori gelosamente conservati in
cassaforte al suo interno:
dal reliquario in argento
lavorato, contenente il capello della Madonna, risalente al 1722, il quale fu
donato dagli spagnoli per l’aiuto offerto dai fiumedinisani alla loro vittoriosa
causa. E ancora, solo per fare un altro illustre esempio, l’olio su tela raffigurante
la Madonna del Rosario, che fu realizzato dall’artista fiorentino Agostino
Ciampelli (1620).
...
Fra gli altri paesi della Valle, accenna di
Sant’Alessio Siculo e racconta della battaglia fra Pompèo ed Ottaviano di cui
rimarrebbe ancora un relitto da visitare.
E tornando alla Terra di
Fiumedinisi, tra i vari documenti storici proiettati, una pergamena (conservata
a Toledo in Spagna), risalente al lontano 1093, che racconta della costruzione
del monastero di San Licandro eretto sulle rovine di quello di San Nicone,
quest’ultimo risalente agli albori del cristianesimo, ma c’è anche un’altra
pergamena (scritta in greco, come si usava fare all’epoca), che si trova a
Parigi e racconta dei confini del territorio della valle d’Agrò.
Ci vorrebbe una enciclopedia
per racchiudere il sapere di Gragorio fatto di ricerche in anni vissuti in giro
per l’Europa, egli oltretutto mostra entusiasmo nel raccontare di accadimenti
storici e tanto più della sua Fiumedinisi, dei “Viaggi”, tragitto devozionale
che i fedeli percorrono in ginocchio con cadenza annuale tra la chiesa di San
Pietro e quella della Madonna annunziata, sino a finire con la immensa festa
della Vara, dove a sollevare la pesantissima macchina votiva popolata di
personaggi veri, sarebbero circa centocinquanta portatori, tutti vestiti di
bianco.
Questi sono racconti che appassionano
i presenti, tanto più se cultori del sapere, della vita del nostro territorio
fra ieri ed oggi, di ricordi di epoche lontane, di ricchezze e bellezze e fede,
ricchezze che noi abbiamo e di cui possiamo andare fieri. L’applauso finale era
d’obbligo.
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27 novembre 2015
Giovanni BonarRIGO
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